venerdì 19 febbraio 2010

Liberarsi dalle emozioni perturbatrici

La persona in preda a queste emozioni è in grado di compiere qualsiasi gesto sconsiderato, anche con provocazioni minime che saprebbe gestire senza problemi in altri contesti.
Tuttavia la mente dell'individuo è in origine chiara, e queste emozioni non sono intrinseche al suo essere e possono venire estirpate per sempre applicando pratiche precise.
Applicando la pratica della salvezza la persona combatterà l'ignoranza, con la pratica della meditazione terrà sotto controllo l'ira, con quella della comprensione della vacuità si libera dall'attaccamento.
L'insegnamento buddhista non manca di ricordare come la vigilanza su sé stessi, l'analisi e l'introspezione debbano essere continue, per non ricadere. La società, infatti, ci distrae con messaggi contraddittori o opposti a quanto è necessario perseguire per raggiungere la perfetta illuminazione, ovvero uno stato di piena e meravigliosa consapevolezza in cui si è liberi dal desiderio e dalla collera.




Polidipendenza

Polidipendenza significa “più di una dipendenza”. Nella vita di una persona, può verificarsi sia nella forma del passaggio da una dipendenza ad un'altra (dal tabacco al cibo, dall'alcol al gioco, ecc.), sia nella forma della dipendenza contemporanea da più sostanze o esperienze. Le persone (in particolare i giovani) che vivono una condizione di disturbo della personalità, cioè che sono incapaci di gestire nel tempo le emozioni, di regolare gli affetti ed i sentimenti di appartenenza, di riconoscere e controllare gli impulsi, sono una maggioranza crescente, abilmente mimetizzata. L'elemento che li rende individuabili è la mancanza di responsabilità, intesa in senso etimologico: “responsum abilis” significa “capace di dare risposte”. Di fronte alle richieste di responsabilità che possono provenire da una relazione, assumono un atteggiamento di evasione, elusione e fuga. Questi giovani non ricercano emozioni né sentimenti, ma solo sensazioni. La sensazione presenta il vantaggio di essere “qui ed ora”, garantendo al singolo di avere il pieno controllo. La sensazione viene perseguita attraverso il ricorso alla “sostanza”. Quando la sensazione svanisce, lascia aperto un vuoto nel quale si insinua l'angoscia. Bisogna ricorrere di nuovo alla sostanza. Così la dipendenza ha inizio. La sostanza è come un bottone on/off che riesce a spegnere il cervello nel momento in cui produce pensieri dolorosi. Per questa ragione non viene percepita come un problema: è una protesi, sostituisce una mancanza e, finché dura, dona l'illusione di potenza. Ecco perché si passa da sostanza a sostanza, alla ricerca della sostanza definitiva, quella che risolve tutto. Essendo motore di sensazioni, la sostanza può essere sostituita da altri fattori, come le “condizioni di limite”. Il gioco, gli sport estremi, il cibo o la sua assenza, l'autolesionismo, la ricerca ossessiva di sesso o di relazioni squilibrate, violente, distruttive (bullismo scolastico e di quartiere, sassi sull'autostrada, aggressioni verso emarginati, ecc.). Sono tutti modi per provare sensazioni potenti, ad alto contenuto di adrenalina. Ecco perché LE POLIDIPENDENZE SONO in forte espansione, mentre le risposte di tipo terapeutico appaiono deboli e slegate tra loro. Nuovi comportamenti collettivi come il botellon o il “binge drinking” (almeno sei dosi alcoliche concentrate in pochi minuti) forniscono la garanzia di un'ubriacatura pesante, perseguita in singole occasioni, che comporta comunque l'assunzione di quantità eccessive di alcol, spesso collegata all'uso di droghe casalinghe (colle, benzeni, cardiotonici e antidepressivi facilmente rintracciabili nell'armadietto dei medicinali) o di “smart drugs” (droghe furbe), che sfuggono alla classificazione di sostanze stupefacenti o psicotrope.

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